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Si parla spesso di shock culturale all’arrivo in una nuova destinazione. Soprattutto quando si viaggia verso l’Oriente, e verso l’India. Ma poco si parla dello shock culturale inverso, ovvero il riadattamento al proprio luogo e cultura di origine. Esiste? Ebbene sì.
“Sono rientrata a casa in Puglia dopo aver vissuto due anni e mezzo in India.” A questa affermazione, gli interlocutori rimangono per l’appunto scioccati: in pochi per la scelta di essere rientrata in Puglia, in molti per il coraggio di aver vissuto da sola in India.
Le parole che leggerai nelle prossime righe sono una pagina introspettiva che forse accomuna tanti viaggiatori. Il blog diventa una sorta di diario personale, e così noi diventiamo libri aperti. Ho deciso di condividere questo racconto perché viaggiare e vivere all’estero implicano processi psico-emotivi di cui spesso siamo inconsci.
Li viviamo, in balia delle circostanze, ma gli effetti spesso si manifestano solo dopo essere rientrati. Ed allora in quel momento la fatidica domanda “Perché sono rientrato?!” è pronta a sferzare il suo colpo di grazia sulla nostra emotività ancora instabile. “Forse sarei dovuto rimanere ancora un po’” è l’affermazione che naturalmente ne consegue. Ma tu sei già rientrato, ti senti in gabbia e devi ormai proseguire nella scelta intrapresa. Credo che ci siano due tipologie di direzione e approccio al rientro: quella distruttiva e quella invece costruttiva.
A chi sta pensando di rientrare, a chi vorrebbe scommettere sul proprio territorio ma è frenato, a chi ha paura di rientrare, a chi è tornato ma vorrebbe ripartire. Queste parole sono per te, per voi e per noi tutti. Perché partire sembra (apparentemente) facile, ma tornare è ancora più difficile. Attraverso la condivisione delle proprie esperienze, possiamo immedesimarci nell’altra persona e, forse, sentirci un po’ meno soli.
Coraggio? Ma ero davvero io?
Sono partita per l’India a soli 22 anni, nell’estate del 2014. Il mio unico piano a medio termine era uno stage di 6 mesi, al termine del quale ero già proiettata verso nuovi orizzonti. L’India mi ha invece trattenuta per due anni e mezzo, finché non ho deciso di rientrare in Italia il 1 marzo 2017.
Tre anni ormai di riadattamento in Puglia, alle abitudini, alla semplice realtà quotidiana, ai ritmi, e soprattutto ai valori condivisi nella società. Guardandomi indietro, riconosco di aver fatto un passo importante nella mia vita a quell’età, forse con un pizzico di coraggio. Mi capita spesso, in questo periodo, di guardarmi indietro. Mi chiedo se quella ragazza di qualche anno fa, spensierata ma sicura di sé, fossi veramente io.
Quando racconto il mio trascorso, è come se stessi recitando la biografia di qualcun altro letta su chissà quale libro.
Mi emoziono, intensamente.
Lo sento, quella convulsione di emozioni è irrefrenabile.
I miei occhi brillano, la voce quasi inizia a tremare.
Mentre tutti iniziano a chiedermi come sia stato il primo impatto con l’India e come abbia vissuto lo shock culturale all’arrivo, la risposta dentro di me è già pronta: “Lo shock culturale per me è stato inverso.” Rientrare in Italia, nonostante sia stata una scelta volontaria e di cui sono tuttora fautrice, ha creato degli scompensi interiori, che ancora oggi mi accompagnano. E forse, faranno sempre parte di me.
Ho capito che si può lavorare per imparare a dosare l’altalena di sensazioni ma i segni rimangono indelebili nella mente e nel cuore. La vera cura sta nel riuscire a farne tesoro ed integrarli come parte attiva nel proprio patrimonio personale e caratteriale.
Come mi sono preparata alla partenza in India?
Il mio primo arrivo in India è stato come un rientro a casa. Farò forse parte di quella minoranza che non ha vissuto lo shock culturale (quasi d’obbligo) nel subcontinente indiano. Mi sono spesso chiesta come mai. Quella sensazione di familiarità e accoglienza totale sin dal primo giorno mi hanno poi trattenuta così a lungo, tanto che ad un certo punto non riuscivo ad immaginare altro posto per la mia vita se non l’India.
Ripercorrendo le sensazioni provate le settimane che anticipavano la partenza, ero in parte intimidita dalla probabile reazione che avrei potuto avere di fronte ad un divario socio-culturale così importante. Eppure, quell’inatteso calore e ospitalità mi hanno spiazzata. Ero stata preparata a diverse percezioni, ma nessuno mi aveva detto che mi sarei sentita tanto a mio agio.
Il mio percorso di preparazione alla partenza in India era iniziato già qualche anno prima grazie ad un rapporto di amicizia con un ragazzo indiano di cui ho raccontato la storia qui. Avevo letto svariati libri e guardato diversi documentari. In ogni caso, non si è mai pronti abbastanza per l’India. L’arrivo in una terra così coinvolgente e travolgente è talmente soggettivo perché tocca corde profonde della nostra interiorità che l’Occidente difficilmente riesce a stimolare.
A tu per tu con lo shock culturale inverso
Ogni qualvolta rientrassi in Italia, nonostante la gioia nel rivedere la mia famiglia e gli affetti più cari, ero pervasa da una sensazione di sradicamento quasi “forzato” da un luogo in cui stavo bene. Lo shock culturale inverso infatti ti coglie all’improvviso con diversi tentativi di agguato alla tua identità.
Ad esempio, il mio guardaroba era ormai adattato alle esigenze della vita e cultura indiana. Per me era impensabile acquistare nuovi indumenti perché sarei ripartita da lì a poco ed anche il mio approccio nei confronti del vestiario era cambiato. Pratica che sono riuscita a mantenere nel tempo ed oggi compro abbigliamento solo se necessario.
Allo stesso modo la trasformazione di piccoli ostacoli in problemi insormontabili che vige in Occidente rispetto all’Oriente mi lascia tuttora perplessa, chiedendomi perché dobbiamo continuamente alimentare uno stato di agitazione piuttosto che di benessere.
Vivendo all’estero, la nostra scala di valori cambia. E cambiamo anche noi.
Si cade facilmente nella trappola del paragone e si finisce per esaltare tutto ciò che viviamo e come lo facciamo nel Paese ospitante, tendendo a screditare ciò che casa ha da offrire. Seppur vero che ci siamo guadagnati quell’indipendenza da soli, cerchiamo di replicare quel coraggio e forza dentro di noi ogni giorno per dar vita al sogno che abbiamo trasformato in realtà. Ma a casa è più difficile.
Chi sono io allora? A quale cultura appartengo? Ma soprattutto, perché non riesco a sentirmi allo stesso modo a casa?
Il vortice di domande è torrenziale. In alcuni casi, le risposte arrivano con il tempo; in altri, forse, non arrivano mai. Dobbiamo cercarle dentro di noi.
Ho imparato ad accettare che non sarò mai totalmente pugliese, né totalmente indiana (nonostante ci abbia tentato). Sebbene inizialmente tendevo ad essere scettica nei confronti delle attitudini del mio luogo d’origine, nei mesi in India in cui ho iniziato concretamente a progettare il rientro, ho cercato di trasformare questo processo in maniera costruttiva.
Non mi sarei mai avvicinata infatti ad un tentativo di rientro in Puglia se avessi mantenuto un atteggiamento di rifiuto e regressione, omettendo tutti gli aspetti e ricordi positivi legati al mio passato in Puglia.
Perché ho deciso di rientrare dall’India in Puglia?
La decisione è nata proprio da lì. Dal momento in cui la mia prospettiva nei confronti della Puglia è cambiata. Il processo decisionale non è stato immediato né secco. Ho attraversato diversi momenti in cui il mio umore era basso. Ciò era determinato dal fatto che le mie certezze stessero crollando, i miei punti di riferimento sarebbero venuti a mancare e avrei dovuto costruirne di nuovi nella mia “nuova vita” a casa.
Decidere di rientrare dopo un periodo all’estero incute timore. Siamo consci di essere cambiati. Non siamo più gli stessi rispetto a quando siamo andati via. Abbiamo modellato la nostra personalità in base al luogo in cui abbiamo vissuto.
Ho impiegato circa un anno dal momento in cui ho iniziato ad idealizzare un’ipotetica trasformazione nel mio percorso (che in qualche modo avevo destinato in India) fino a metterla in atto. Il mio tallone d’Achille è stato l’accettazione che i propri piani possano essere messi in discussione, e cambiare. Bisogna essere in grado di guardare oltre i programmi prefissati ed accogliere il cambiamento che si frappone nel percorso.
Il nodo del mio shock culturale inverso era perciò insito nella presa di coscienza di una necessità profonda di cambiare ed evolvere. Bisogno che fino a qualche mese prima soddisfacevo con la mia vita indipendente in India. Ma ad un certo punto, come Maslow insegna, la gerarchia dei miei bisogni sociali e personali ha subito uno spostamento.
Non nascondo che per qualche tempo tendevo ad associare il mio rientro in Puglia con un fallimento. Non solo per una percezione personale, ma anche sociale. Ero quella che viaggiava, quella che non si fermava mai, ritornare a casa rappresentava forse una sconfitta?
No, non lo è stata. Anzi, rientrare a casa è stata ed è tuttora una sfida continua. In una terra che ha bisogno di rinascere con stimoli creativi ed innovativi, non posso che sentirmi a casa. A chi oggi mi chiede la motivazione del mio rientro dall’India rispondo che è stata la sorpresa più grande ricevuta dalla vita. Riconciliarmi con la mia terra.
Non mi sono più sentita una perdente, ma tra quei pochi fortunati a poter vivere la Puglia 365 giorni l’anno e non solo nei suoi periodi più acclamati, ma anche in quelli silenti. Non sono più quella con la valigia in mano, sempre pronta a scappare, senza dar modo ad un territorio ancora giovane di farsi conoscere.
E se quello shock culturale inverso non ci abbandona, dobbiamo trasformarlo in opportunità. Per noi stessi e per il territorio. Tornare a casa infatti per me non è stata una regressione alle mie abitudini pre-partenza, bensì un’integrazione delle mie pagine di vita indiane.
Ho vissuto momenti in cui mi sono sentita fragile ed immobile in situazioni che pensavo non sarebbero mai cambiate. In quel momento in cui mi ero quasi data per vinta, l’India è venuta in soccorso.
Mi sono guardata indietro, ho rivisto quella ragazza che a 22 anni è partita da sola con il suo zaino verso una terra sconosciuta. Ho capito dunque che quel coraggio e forza sono parte di me e il rientro non può cancellare l’esperienza acquisita in precedenza. Non è una storia letta in un libro, ma la mia.
Ciao Elisa, mi chiamo Francesca Blasio
mi sono imbattuta nel tuo sito il quale mi ha immediatamente catturata
Sì, perchè anch’io come te, ho vissuto in India per sette anni frammentati in due periodi. I primi due condivisi con mio marito ed il secondo periodo durato 5 anni, con marito e figli a seguito.
Purtroppo il nostro rientro, avvenuto 4 anni fa, è stato a causa di forze maggiori e tutt’ ora la sensazione di non appartenza al luogo dove sono cresciuta continua ad essere al mio fianco in maniera invisibile.
Noi abbiamo vissuto questo cambiamento quasi come un lutto, difficile da spiegare a chi non ha vissuto esperienze del genere.
Da un anno a questa parte sono riuscita a maturare l’idea e la consapevolezza che quando si chiude una porta, si apre un portone e quindi eccomi quì a guardare il mondo con gli occhi del principiante , accogliendo le opportunità che attraversano la mia strada con entusiasmo
Mi farebbe veramente piacere scambiare due chiacchiere
A presto
Francesca
Ciao Francesca, è imperdonabile il mio ritardo nella risposta a questa tua condivisone meravigliosa. Purtroppo ho messo da parte il blog per qualche mese per motivi lavorativi ma eccomi qui in questo sabato mattina a leggere queste tue righe che mi lasciano senza parole. Farebbe tanto piacere anche a me scambiare due chiacchiere con te. Scrivimi pure alla mia email o su Instagram per metterci in contatto direttamente. Grazie mille e perdonami ancora il ritardo.