È passato un mese dall’inizio di questa mia avventura personale nel raccontare e trasmettere le emozioni che mi porto dentro dei viaggi. Una scelta che ha reso sempre più forte la mia voglia di ripartire dall’India, abbracciando questa passione e conoscenza nella mia quotidianità. Perché le passioni non vanno mai frenate.
Ho cercato di mettere l’India da parte, di riempire il mio mondo qui come tutti gli altri: lavoro, uscite, cene, concerti. E, per un attimo, c’ero quasi riuscita. Mi sentivo una donna “in carriera” come direbbero qui. Un lavoro rispettabile, la giornata piena di appuntamenti fino a sera e nessun spazio per pensare. Ottimo, direbbero sempre qui.
Ad un certo punto, qualcosa è crollato. Ci ho provato a vestire quei panni, con tutta me stessa, lo giuro, ma in verità ho capito che non fa per me. Non fa per me mettere da parte le mie passioni, non fa per me avere il tempo cronometrato da qualcun altro, non fa per me dover sottostare a tacite regole per il bene di qualcun altro. E io che fine faccio?
Così, ad un certo punto, sono crollata, perché l’India che avevo messo in un angolo ha iniziato a ribellarsi. Non le sembrava giusto che mi fossi piegata alla volontà di qualcun altro, un insegnamento che con tanta pazienza mi ha trasmesso e che vedeva cadere in frantumi, in un attimo. Non poteva accettarlo, e così ha voluto salvarmi.
Come ho già raccontato qui, ho scelto di vivere in Puglia, a casa, ma so anche che per me vivere qui non sarà mai come per tutti gli altri. Ho dentro di me una fiamma accesa che arde costantemente e, quando parlo dell’India, mi brillano gli occhi. L’ho vissuta e so che da quel momento non sarebbe stato più lo stesso. Una volta entrata, l’India è parte di te, per sempre.
“Ti manca l’India?”. Qualche mese fa forse avrei risposto che no, non mi manca, sto bene a casa. Avrei sentito un accenno di un pugno nello stomaco ma avrei fatto finta di nulla, e avrei continuato a perseverare nel mio tran tran quotidiano.
Quel pugno è diventato sempre più forte e impossibile da combattere, perciò ho dovuto ascoltarlo. Anche quando dall’esterno tutto sembrava andare alla grande, quella morsa mi ricordava che in fondo non era così, ed è difficile da spiegare.
Già, perché come spiegare quel vulcano interiore provocato dall’India? Anzi, potrebbe risuonare quasi come un capriccio fanciullesco. Ma non è così, e sono sicura che ognuno di voi può ritrovarsi in queste parole parlando della propria passione che scorre nelle vene. Può essere un Paese, uno sport, un cibo, una persona, non importa. Siamo tutti mossi da passioni e queste ci fanno svegliare la mattina con una grinta sempre rinnovata.
Ho provato tante volte a mettere nero su bianco perché mi manchi l’India. E altrettante volte la risposta non è mai ben precisa ma sempre frammentata, fatta per lo più di sensazioni. Oggi, come non mai, ho deciso di ripartire dall’India per scusarmi con lei di quei mesi in cui non le ho dato ascolto e dirle che, in verità, mi è sempre mancata da morire.
Mi manca l’odore del chai fumante, che poi è sempre troppo zuccheroso e io proprio non lo so come faccia a piacermi dato che bevo il caffè rigorosamente amaro.
Ci sono giorni in cui vorrei gridarlo al mondo intero, quanto l’India mi manchi. E sì, mi mancano anche quelle notti insonni a cercar di scacciar le zanzare con la fronte grondante di sudore. Mi manca quella doccia con il secchio.
Mi manca perché lì è tutto più semplice, è essenziale. Non devo badare a vestirmi in un certo modo per dimostrare di essere all’ultima moda. Non devo preoccuparmi di servire il caffè necessariamente con il piattino altrimenti fa brutto – e poi, non ho mai capito la necessità del sottotazza se un espresso si beve in un istante. Un abbellimento, un eccesso. E di quanti sottotazza ci circondiamo e anzi riempiamo le nostre vite, perché pensiamo che non sia mai abbastanza. Ma poi, abbastanza per chi? Per Cosa? Non sono la stessa persona se indossassi un altro abito, se avessi i capelli naturali piuttosto che piastrati, se non fossi al corrente dell’ultimo gossip tra gli amici. Quante complicazioni.
La verità è che mi manca quella semplicità, quell’attitudine al non creare problemi inesistenti o ingigantire piccoli ostacoli. “No problem, no problem” ripetono gli indiani anche davanti a grattacapi per noi insormontabili. C’è sempre una soluzione. A tutto. Anche a quello che sembra impossibile.
Mi manca il tramonto velato dall’afa della giornata, quando le rondini si esibiscono in volo davanti al sole. E, in sottofondo, il canto inconfondibile del muezzin invita i credenti alla preghiera. Un cerchio armonioso che lega tutti, indistintamente. Mi manca quella convivenza pacifica di culture, lingue, confessioni e cibi in un unico spazio temporale.
E poi mi manca quell’irrazionalità nelle cose trovate per strada: scatole di fili elettrici alla mercè delle intemperie, motorini sovraccarichi dei più strampalati oggetti sorretti da due, tre, quattro, cinque persone impilate una dietro l’altra. Jugaad, lo definiscono gli indiani, ovvero l’arte dell’arrangiarsi. Valore sacrosanto per vivere e sopravvivere in India.
Per approfondire il tema della Jugaad Economy, leggi qui.
Penso a quella volta in cui per delimitare i lavori in corso gli operai avevano ben pensato di piazzare due biciclette al centro della strada. D’altronde, perché no? O quando ero affacciata al balcone e ad un tratto vedo un uomo arrampicarsi senza alcuna misura di sicurezza su un albero alto quattro piani per sistemare delle corde che avrebbero poi buttato giù l’albero. E poi, l’affilatore di coltelli (aka arrotino) in giro per le strade di Pune sulla sua bicicletta ed un comodo disco roteante al centro del telaio da utilizzare all’occorrenza. Cose che accadono solo in India
Quando il mio collega arrivava in netto ritardo in ufficio e ci informava allegramente che doveva fare colazione con il padre. Non aveva bisogno di chiedere scusa del ritardo, in quel momento era la cosa più normale del mondo per lui, e per l’India, dove il tempo è concepito in maniera diversa rispetto al nostro. O ancora quando sali su un tuk tuk e l’autista ti assicura di conoscere la destinazione e poi, invece, fa un giro più lungo per chiederti qualche rupia in più.
E come fai a non sorridere?
Sorridi perchè non puoi fare altro. Sebbene un leggero sentimento di rabbia inizialmente possa velare il volto, scompare dopo qualche istante.
Mi manca in quelle notti in cui finalmente regna il silenzio e non si sente altro che gli ininterrotti ululati dei cani. Mi mancano i viaggi notturni in sleeper bus attraverso il paese (i bus hanno dei compartimenti letto a castello come cuccette del treno, solitamente da un lato matrimoniale e dall’altro singolo). L’inconfondibile odore di bagnato che sa di legno dopo gli ultimi scrosci di pioggia e, se non sei tanto fortunato, hai beccato quel torrente d’acqua in pieno in scooter.
Mi manca anche quando ti fa arrabbiare. Perché ti fa arrabbiare, e tanto, ma poi sa anche farsi perdonare.
Riparto dall’India per sentire la costante adrenalina in corpo, ma soprattutto per sentirmi viva e me stessa.
“Chi ama l’India lo sa: non si sa esattamente perché la si ama. È sporca, è povera, è infetta; a volte è ladra e bugiarda, spesso maleodorante, corrotta, impietosa e indifferente. Eppure, una volta incontrata non se ne può fare a meno.” Scriveva l’illustre Tiziano Terzani. Lui lo aveva capito, prima di tutti.